Una mattina al museo

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La Laguna di Venezia nasconde tesori che non tutti conoscono

La Serenissima Repubblica, fiore all’occhiello del Veneto, stupisce per il dolce luccichio delle sue acque sin dall’arrivo in stazione, incantando immediatamente il visitatore. Basta muovere qualche passo all’esterno per incontrare già le prime caratteristiche maschere, in vendita tutto l’anno lungo i canali, e frotte di turisti diretti ad affollare Rialto e Piazza San Marco, attirati dai nomi più noti di Palazzo Ducale, delle Gallerie dell’Accademia, delle isole di Murano, Burano, Torcello.

Vista della città dall’alto della terrazza panoramica sopra il Fondaco dei Tedeschi

Anch’io, certo, penso al museo Correr, ricordo l’Arsenale aperto in occasione della Biennale, i padiglioni affastellati ai Giardini in occasione della mostra, le infinite piccole chiese che rivelano preziosità artistiche che non avreste mai immaginato di incontrare prima di curiosare qua e là, infilandovi in una calle più stretta e nascosta delle altre.

Per scoprire Venezia, però, è forse utile puntare il dito sulla cartina, lasciando che il caso vi guidi verso una zona inesplorata della città.

È così che arrivo, cammin cammino, a raggiungere il punto casuale che ho individuato sulla mappa, zoomando per avere un’ispirazione sull’itinerario da seguire: è così che mi trovo a reclinare la testa verso l’alto per ammirare a bocca aperta l’enorme scheletro di un dinosauro, che mette in mostra le sue fauci d’osso a sette metri di distanza dalla mia espressione sbalordita. Sono entrata al Museo di Storia Naturale.

Ouranosauros nigeriensis

Passeggiando per l’incredibile allestimento della sala d’apertura, non posso far altro che immaginare la vita passata dei fossili che mi si presentano davanti, colti nell’attimo estremo della loro esistenza: un trilobite stampato nella roccia è seguito da un numero imprecisato di piccole tracce che ne segnalano l’antico cammino, gli ultimi passi compiuti dall’esserino prima di morire, fotografati così sulla pietra.

Di camera in camera, mi sento sempre più immersa in un mondo diverso da quello che conosco, estraneo all’oro degli ippocampi che fanno da scalmi ai remi delle gondole, estraneo ai mosaici, al vetro colorato, al pot-pourri luminoso e cangiante dell’orizzonte marino che associo al mio capoluogo di regione. È come se avessi attraversato un portale per il passato, un passato che Canaletto non ha mai ritratto e che non riguarda soltanto la natura degli oggetti presentati.

Prima della nascita della museologia scientifica si è passati attraverso l’epoca delle “Stanze delle Meraviglie”, che supplivano alle esposizioni ordinate di reperti: una Wunderkammer viene riprodotta e ricostruita anche qui, presentando al visitatore un cerbiatto albino, un’orrorifica sirena e molti altri mirabilia, appartenenti sia al mondo naturale (come il capriolo bicefalo) che a quello artificiale, creato dall’esercizio della fantasia dell’uomo sulla falsariga del mito della Chimera. Se anche gli animali impagliati e i trofei di caccia esposti nelle due sale adiacenti non prendono vita per spiegare la loro storia al visitatore, se pure gli scheletri di pterodattilo impressi in negativo sulla roccia non spiegano le loro ali accartocciate per volteggiare intorno allo spettatore, l’immaginazione scherza con le sagome ignote delle specie estinte, si incanta di fronte alla proiezione inaspettata di quel che la Terra era prima che gli uomini o i mammiferi la abitassero, si nutre della biodiversità che non conoscerà mai dal vivo, realizzando che la complessa realtà che la circondava là fuori, oltre le mura e l’insegna di questa bolla di sapere e conoscenza che è il Museo, è soltanto una parentesi temporanea ritagliata nell’universo mutevole di cui siamo ospiti.

Chiara Tomasella

Nata a Conegliano Veneto, da quando ha imparato a tenere una penna in mano adora riempire ogni pagina bianca con l'inchiostro dei pensieri; si è laureata in Lettere Moderne all'Università di Udine, mentre attualmente studia Editoria e Giornalismo all'Università di Verona, dedicando il tempo libero alla scrittura e alla fotografia.