Quando il successo nasce dal fallimento: intervista ai Pinguini Tattici Nucleari

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Eclettici, irriverenti, anarchici. Non si danno e non rispettano regole. La loro musica è fatta a modo loro, così come questa intervista.

                                                          Illustrazione di Anna Ferro e Michele Paganotto 

Nel lontano 2012 sarebbe dovuto finire il mondo, invece in un bar dell’uggiosa provincia bergamasca sono nati i Pinguini Tattici Nucleari. Il nome d’arte è stato ingegnosamente rubato alla birra scozzese “Tactical Nuclear Penguins, l’unica differenza è che se ora la suddetta birra è fuori commercio loro nel mondo del “commercio” musicale ci sono pienamente dentro. Sono dentro anche alla decantata Gioventù Brucata, titolo del loro ultimo album, uscito la scorsa primavera. La loro musica è totalmente undergenered: passano da ballate folk a canzoni reggae nel giro di qualche minuto, il tutto accompagnato da un pizzico di leggerezza ed ironia quanto basta. Ascoltare un loro disco è come partecipare ad una competizione di Decathlon, cambiando in continuazione disciplina e ritmi di esecuzione.

 

I PTN sono: Riccardo Zanotti, voce, Elio Biffi, tastiere, Lorenzo Pasini, chitarra, Matteo Locati, batteria, Nicola Buttafuoco, chitarra e Simone Pagani, basso.  Eclettici, irriverenti, anarchici. Non si danno e non rispettano regole. La loro musica è fatta a modo loro, così come questa intervista.

 

 

Pinguini Tattici Nucleari, non vi prendete mai sul serio, già a partire dal nome del gruppo. E questa la chiave del vostro successo? C’è una tematica, nella vostra produzione artistica, che vi sta particolarmente a cuore?

La chiave del successo dietro alla nostra musica, oltre all’ironia, è quella di riuscire a costruire muretti a secco in meno di mezzora. Useremo i nostri soldi per poterci qualificare alle olimpiadi di costruzione di muretti a secco. Inoltre vorremmo anche seguire le orme di Dino Nascon, ovvero il più grande esperto mondiale nell’arte del nascondino, ma lui è talmente bravo in questa sua abilità che ci è impossibile farlo proprio perché non ne lascia. Infatti si nasconde troppo bene e noi ci troviamo in questa situazione di impossibilità, proprio come un prete che vuole andare in pensione e non può di certo appendere il crocifisso al chiodo. Vorremmo diventare esperti mondiali di nascondino ma è difficile perché non si possono seguire le orme dei nostri predecessori. La tematica che ci sta più a cuore è quella del fallimento. Tutto ciò che ha a che fare con il fallimento a noi piace perché ci sentiamo un po’ a casa. Nella nostra musica enfatizziamo molto i fallimenti, proprio perché ne abbiamo passati svariati prima di arrivare fino a qui. Parliamo in particolare della nostra vita passata: abbiamo collezionato una sfilza di sfortune nelle nostre esistenze e ancora continuiamo a farlo nel nostro piccolo privato, infatti bisogna sempre essere coerenti con se stessi.

Siete indie ma non siete indie, vi piace sperimentare. Dateci voi una definizione della vostra musica.

Esatto, ci piace sperimentare a tal punto che la nostra più grande aspirazione sarebbe quella di riuscire a suonare con i copertoni delle auto.

 Quali sono state le principali influenze musicali del gruppo?

Un artista che accomuna tutti noi e che è stato il mentore primo dei pinguini è Frank Zappa (ndr. Frank Vincent Zappa è stato un compositore e chitarrista statunitense. Considerato da molti uno dei più grandi geni musicali del ‘900, nonché uno dei maggiori artisti contemporanei, in foto). Poi ci sono anche gli Elio e Le Storie Tese, cui spesso veniamo paragonati e che piacciono moltissimo a tutti. Per il resto ascoltiamo generi musicali davvero differenti luno dallaltro. Ad esempio io, Paso, ascolto un sacco di progressive, heavy metal e altre cose che solitamente la gente non è contenta di ascoltare o da cui può venire facilmente traumatizzata al primo ascolto. A me invece, Elio, piacciono un sacco i cantautori, la scena indie attuale e la musica folk, quella che definirei un po’ terricola.Matteo, il nostro batterista, ha invece un background musicale prettamente punk rock, fatto di ritmi molto veloci e tanta violenza. Poi c’è chi ascolta musica più pop, tipo Riccardo, e chi è appassionato di elettronica come But, che è l’altro chitarrista. Infine c’è Simone Pagani, new entry del gruppo e nostro bassista, che suonava jazz prima di unirsi ai Pinguini. Insomma, siamo un miscuglio di svariate influenze e suggestioni ed è per questo che non rispondiamo molto seriamente quando ci viene chiesto di definire la nostra musica.

 Il vostro ultimo album sintitola Gioventù Brucata, cos’è questa Gioventù Brucata e perché avete deciso di renderlo il punto centrale dellalbum?

 Come ognuno di noi ha opinioni diverse riguardo alla musica, ne ha anche una propria su quello che è la Gioventù Brucata. Secondo me, Elio, è come quando sei fuori dal liceo e ti chiedi se è la mattina giusta per marinare la scuola o meno. La Gioventù Brucata è il costante conflitto interiore tra laffrontare i propri doveri come persona e il dolce tepore dello scegliere il fallimento come stile di vita. L’ essere consapevoli che in futuro si potrà fallire e facilitare questo processo, rendendolo una propria scelta. Ciò porterà ad una frustrazione molto minore di quella che si avrebbe altrimenti. L’accettazione dell’inesorabilità dei fallimenti.

 Sappiamo che non vi appoggiate a nessuna etichetta. Perché questa decisione e come fate a portare alla luce i vostri lavori?

Perché questa decisione? Perché siamo giovani e veniamo da un ridente luogo che si chiama Bergamo dove le etichette non esistono. Non ci sono etichette dalle nostre parti e siamo venuti su in qualche modo, cercando di fare da noi, di essere autosufficienti. Noi volevamo realizzare delle cose e lunico modo per farlo era tirandoci su le maniche e arrangiandoci. I nostri lavori impiegano mesi e mesi per essere portati alla luce, solitamente ci suddividiamo i compiti: Riccardo scrive la gran parte dei testi e degli arrangiamenti musicali, poi noi li eseguiamo in sala prove e ne discutiamo. Per pubblicare lultimo album ci siamo appoggiati a MusicRaiser (ndr. Piattaforma digitale dove si può dar vita oppure partecipare alla realizzazione di progetti musicali attraverso lo strumento del crowdfunding). La raccolta fondi è andata molto bene, abbiamo raccolto tutto il necessario e anche di più. Questo ci ha permesso di poter lavorare al nuovo disco con più agio e tranquillità, facendo cose molto più belle e un lavoro tecnicamente più valido, secondo noi.

Siete in tour adesso, state facendo tappa in diverse città italiane, da Nord a Sud. Che impressione avete avuto fino ad ora? Vi immaginavate questo successo?

Il tour sta andando a gonfie vele, in ogni città in cui suoniamo troviamo un riscontro molto positivo. Ultimamente abbiamo avuto anche qualche sold out sparso qua e là. Giriamo molto: abbiamo appena concluso la prima parte del tour, che ha toccato svariate città di Nord e Centro Italia. Inoltre nei prossimi mesi riprenderemo il viaggio con un altro blocco di date (ndr. le potete scoprire qui).  Le cose stanno andando parecchio bene e ad ogni concerto, dovunque esso sia, c’è un sacco di gente che sorride, balla e canta insieme a noi. Non possiamo assolutamente lamentarci di questo!

 Cosa pensate del panorama musicale indipendente italiano, i cui nomi degli artisti sempre più spesso figurano nelle playlist dei più giovani? Credete sia una moda o una possibile rinascita del cantautorato italiano?

Lindie del 2017/2018 è molto soggetto allestetica: si nutre di scenari, paesaggi e immagini più che di concetti veri e propri. Il cantautorato di qualche anno fa, invece, tendeva ad avere una componente politico-sociale non indifferente, basti pensare alle canzoni di Gaber o De André. Si tratta pur sempre di cantautorato, ma al tempo stesso è qualcosa di molto diverso, nuovo, non ancora propriamente classificabile. Per il momento lo definiremmo come il pop dei piccoli.

 Infine, consigliate una vostra canzone ai lettori di Cogito che ancora non vi conoscono.

 Le Gentil: andate, ascoltate e diffondete il verbo.

Potete trovarli su Facebook, Instagram e YouTube.

 

Articolo di Elisabetta Ciavarella e Linda Nardo.

 

Elisabetta Ciavarella

Elisabetta, per gli amici assolutamente non Betta. Divoro libri a colazione, manuali di Anatomia a pranzo, a cena invece preferisco il cibo vero. Quando non scrivo, penso, quando non penso, scrivo. Credo fermamente nell'esistenza degli universi paralleli, nell'auto-ironia, nei numeri primi, nell'utilizzo corretto della punteggiatura, nel potere della Forza, nel numero 42, nell'equazione di Dirac, negli ossimori e nella serendipità. Mi piace definirmi senza troppe definizioni.